martedì 24 novembre 2009

12 - L'affare Blackmoore

Dona Carnelia si stava rivestendo. Due ancelle la aiutavano ad allacciare le numerose cinghie del corsetto, mentre una terza spolverava minuziosamente gli stivali che avrebbe dovuto indossare. In quel momento, qualcuno bussò. Una delle guardie che attendevano immobili, in piedi, ai lati dell'ingresso della camera, si voltò verso la porta. Entrò lentamente Isidoro, il suo ciambellano.
"Prego venite avanti! - lo incalzò Carnelia, e una fitta di dolore le attraversò la testa, costringendola a portarsi la mano alla fronte.
"Non dovreste eccedere con l'acquavite, Mia Signora, durante momenti così delicati."
Le disse Isidoro, con tono pacato e neutro. La principessa sventolò il palmo della mano allontanando da sé le ancelle, che si disposero attorno a lei con le mani giunte sul grembo, in attesa di ulteriori ordini.
"L'acquavite è l'unica cosa che rende questi momenti sopportabili, Isidoro. Quali notizie mi portate della trattativa in corso alla Cattedrale di Blackmoore?"
"Non molto buone, sono rammaricato. - Riferì il ciambellano, mentre Carnelia si sedeva sul bordo del suo enorme letto, ancora da rifare. - A quanto pare i negoziati sono falliti. Abbiamo perso il prigioniero ed è probabile che i negoziatori siano stati tutti uccisi."
Dona Carnelia si massaggiò gli occhi con l'indice e il pollice della mano destra, sospirando piano.
"Niente che non avessimo previsto, mi pare. Dammi le cattive notizie."
"La Korisande è stata assaltata prima di giungere a Blackmoore, il capitano Lawkrauss è stato ucciso assieme a tutto il suo equipaggio, e la nave è stata fatta schiantare nei pressi del villaggio di Ulbenard. Inoltre, temo che anche l'altra nave e l'altro equipaggio siano andati perduti, giacché gli avventurieri sono stati attaccati mentre erano in viaggio per tornare a Glantri, e non alla Cattedrale come avevamo previsto."
Carnelia de Belcadiz si rizzò in piedi e una delle ancelle la sorresse mentre cercava di mantenere l'equilibrio. Carnelia restò in silenzio qualche secondo, poi fece cenno con la testa di riuscire a restare in piedi. Le servitrici ripresero a vestirla, molto più velocemente di prima.
"Mi spiace per Lawkrauss, lavorava per noi da così tanto tempo... Ero bambina quando mia madre mi accompagnava sul ponte delle navi e il capitano mi faceva giocare col timone... occorrerà occuparci della sua famiglia. Gestisci la faccenda personalmente, Isidoro."
"Sì, Signora." Isidoro chinò leggermente il capo.
"Immagino che non esista un deserto abbastanza sperduto e distante da evitare che persone innocenti debbano morire per il bene della nostra famiglia... vero?"
"Sì, Signora." Ripeté Isidoro, cercando di non assecondare il tono malinconico dell voce di Carnelia. Un tono insolito, dovuto senza dubbio a ciò che restava dell'ubriachezza della sera prima. Ma il ciambellano sapeva che Dona Carnelia sarebbe stata pronta a presenziare le udienze in perfetto orario, stamane. Cosa che non si poteva dire di Don Hippolito, ancora nudo e stordito dal vino nel mezzo del giardino di rose, in compagnia di tre o quattro accompagnatrici. Probabilmente al principe quello che stava accadendo non interessava minimamente.
"C'è altro?" Domandò Carnelia, notando che il ciambellano non si accingeva a lasciare la stanza.
"Sì, Signora... in realtà non mi sono permesso di disturbarla per aggiornarla su quanto accaduto finché non ci è giunta questa comunicazione dal Consiglio, stamattina. Il Vicario Di Blackmoore, Sasha, ha richiesto una riunione straordinaria e immediata. La chiesa di Darokin ci fa sapere che la Cripta della Pace risulta violata, e chiede chiarimenti a riguardo."
La principessa era ormai completamente vestita. Scacciò il mal di testa come si scacciano le mosche fastidiose e il suo sguardo si fece duro come il corindone. Isidoro sapeva che un'elfa della sua età non avrebbe mai perso la pazienza, ma era altrettanto sicuro che un'elfa che non fosse stata Carnelia de Belcadiz a questo punto sarebbe stata molto vicina a commettere un'imprudenza. Isidoro non era un elfo, non apparteneva alla famiglia. Ma aveva lavorato per i de Belcadiz abbastanza a lungo da comprendere che la principessa aveva commesso una grave imprudenza. Carnelia aveva accettato che i trattati si fossero condotti alla Cattedrale Perduta perché voleva che meno persone possibile fossero coinvolte nel piano. Se il negoziato, come avevano previsto, avesse fallito, gli unici a subirne le conseguenze sarebbero stati gli avventurieri che si erano offerti per condurlo. Ma le cose non sono mai semplici come si spera. Qualcuno aveva appena violato la Cripta Santa nella quale la Chiesa della Repubblica di Darokin seppelliva i propri vicari. Chi poteva essere stato? Arkande, probabilmente. Ma perché? In ogni caso, avrebbero incolpato il casato de Belcadiz per aver scelto la cattedrale come luogo della trattativa.

"Credo che dovremo accettare l'offerta dei Malapietra." Sussurrò Carnelia a denti stretti.
"Provvedo immediatamenre a contattare il principe Innocenti." Isidoro uscì dalla stanza.

mercoledì 18 novembre 2009

11 - L'ultimo viaggio della Korisande

Il capitano Lawkrauss aveva appena dato l'ordine di procedere alla massima velocità. Nella sua lunga carriera di navigatore, oltre quarant'anni, aveva trasportato merci di ogni pericolosità e valore, ma erano nulla paragonate al rischio che stava correndo adesso. Sorretto da un incantesimo di dislocamento spaziale, immobile eppur minaccioso, nella sua stiva era stato caricato uno deli oligarchi di Maridia, Nogard. Avrebbe voluto concludere la sua missione il più velocemente possibile, per tornare poi dalla sua famiglia, a rassicurare sua moglie che ancora una volta accettare una missione così pericolosa è stato solo un modo per guadagnare facile, senza rischiare nulla, senza doverci perdere la vita. Ma appena dato quell'ordine, la sfera di cristallo della Fomalhaut iniziò a brillare. "Sono i negoziatori, capitano! - lo aggiornò il nostromo - Chiedono di poter vedere il prigioniero." Lawkrauss sospettò immediatamente che qualcosa non fosse andata per il verso giusto. Solo qualche minuto fa gli era stato dato il via libera per trasportare il prigioniero alla Cattedrale Perduta di Blackmoore, e ora arrivava una richiesta del genere. Lawkrauss non conosceva i negoziatori, un gruppo di viandanti planari assoldati dalla Principessa Carnelia troppo velocemente per fidarsi di loro. Ma si fidava di Carnelia, lavorava per i de Belcadiz da tanto tempo, aveva imparato che la sua principessa era molto più saggia (e molto più anziana) di quanto il suo aspetto rivelasse... come tutti gli elfi, d'altronde.
"Passami la sfera." Ordinò al nostromo, che gliela consegnò rapidamente. Lawkrauss attraversò il ponte fino al boccaporto, e scese sotto coperta. Alcuni marinai si affrettarono a rimettere in sesto la loro uniforme quando videro che il capitano era sceso a sorpresa nelle zone riservate all'equipaggio, ma Lawkrauss passò dritto in mezzo alle brande, tendendo la sfera di cristallo dritta davanti a sé. Giunse in fondo alla stanza, laddove assicurato alla parete e al pavimento con gomene di grosse dimensioni si trovava il corpo in stasi di Nogard.
Spostò la sfera in alto e in basso, lentamente, tenendola a meno di un metro dal prigioniero, in modo che dall'altra parte i negoziatori fossero in grado di ricevere l'immagine. Quindi la avvicinò al proprio volto.
"E' sufficiente?" Domandò. Ma non vi fu risposta.
Ad Arkande era bastato visualizzare la stiva della nave per quella manciata di secondi. Si trovava dietro le spalle di Vessha, e dietro quelle dei negoziatori, mentre loro comunicavano tramite le sfere di cristallo con Lawkrauss. Arkande non pensava che sarebbe riuscito a farcela, almeno non da come erano iniziati i negoziati. Quando gli avventurieri si erano presentati alla Cattedrale di Blackmoore, li aveva fatti accogliere da Vessha. Nel frattempo, aveva creato un ologramma illusorio di se stesso, rendendosi nel contempo invisibile. Poi, per quasi mezzora, aveva condotto la trattativa con quei quattro avventurieri che (a detta di loro) parlavano per conto del casato de Belcadiz. Se Glantri non fosse stata schermata da intrusioni magiche, e se i de Belcadiz non si fossero tutti rifugiati come topi nella torre di Carnelia a Glantri, probabilmente Arkande li avrebbe già sterminati tutti. Avevano osato rapire uno di loro, un oligarca, Nogard, uno dei suoi compagni di avventura più cari. E poi avevano osato proporre di negoziare. Di negoziare! A Maridia una cosa del genere si sarebbe chiamata chiedere un riscatto! Ma Arkande aveva saputo pazientare, e nascondere la sua ira. Dopo molte trattative, si era giunti quasi a un accordo. Un accordo che Arkande non avrebbe mai onorato, ma pur sempre un accordo. A quel punto, il mago si era reso conto che il teatrino doveva finire, e aveva osato chiedere, tramite il suo burattino illusorio, di vedere il prigioniero, per accertarsi che fosse ancora vivo.
Se gli avventurieri avevano davvero dato l'ordine di imbarcare Nogard su un vascello volante per portarlo alla Cattedrale immediatamente, a quel punto la nave doveva già aver superato il confine di Glantri. E quindi era fuori dal raggio della sua schermatura magica. Lasciando nella sala delle trattative il suo doppio illusorio, Arkande si era mosso dietro a Vessha per andare a comunicare al capitano Lawkrauss che era necessario vedere il prigioniero prima di firmare l'accordo. E i negoziatori se l'erano bevuta.
Il capitano Lawkrauss non ebbe il tempo nemmeno di chiedersi perché la comunicazione si fosse interrotta. Percepì un bagliore magico alle sue spalle e l'ultima cosa che vide, girandosi, furono gli occhi di ghiaccio di Vessha mentre con due colpi secchi dei suoi Egils gli fracassava la trachea e poi la spina dorsale. Un paio dei marinai ebbero l'ardire di lanciarsi contro di lei, ma Vessha era troppo veloce per loro, troppo ben addestrata, troppo dedita ai suoi compiti.
Il nostromo si rese conto che qualcosa non andava quando il cristallo yolos della nave iniziò a vibrare in maniera insolita.
"Che cazzo succede?" Imprecò lanciando un'occhiata ai marinai che avrebbero dovuto trovarsi alle sue spalle. Tutto quello che restava del marinaio alla sua destra era una macchia di sangue lucente sul legno della balaustra. L'altro lo vide scomparire, trascinato verso la scala di tribordo da una specie di saetta rossa. Preso dal panico, cercò di raggiungere la sfera di cristallo, per dare l'allarme... ma si rese conto con terrore che l'aveva presa il capitano Lawkrauss.
"Cerchi questa, forse?" Domandò una voce a pochi passi da lui. La sfera galleggiava in aria, come sorretta da una forza invisibile. La voce sembrava provenire proprio da lì. Il nostromo indietreggiò ed estrasse lo stocco, tremando come una foglia.
"State indietro! State indietro!" Gridò, rivolto verso il nulla. E il nulla si materializzò in un istante. Un mago, lunghi capelli neri, una barba poco curata, costose vesti indosso, e degli occhiali scuri e tondi poggiati sul naso. Arkande Kayenna! Arkande Kayenna era salito a bordo!

lunedì 16 novembre 2009

10 - Vessha

L'esarca di Ynnaghis celebrò la cerimonia della saldezza restando impassibile, anche se nel suo cuore si agitavano emozioni così intense che sentiva quasi il suo corpo consumarsi dall'interno. Eppure, gli anni di addestramento all'interno del monastero, l'esperienza, la responsabilità, e non ultimo il suo ruolo in quell'occasione, lo spinsero a ricercare dentro se stesso la forza di controllare i propri sentimenti. Li soffocò, come serpenti spinti in fondo a un pozzo, facendoli annegare. Accese gli incensi, adornò la sua allieva con le vesti della fortitudine, separò con attenzione le polveri alchemiche necessarie per il rituale, e infine lo portò a compimento.
Da quel giorno, Vessha non era più un'allieva, e lui non era più il suo maestro.

Per tre lunghi decenni gli oligarchi di Maridia avevano generosamente offerto grandi somme di denaro, affinché Ynnaghis si prendesse cura di Vessha. La bambina fu portata al monastero che era appena nata, ancora ricoperta degli umori del parto, il cordone ombellicale avvolto attorno al corpo. Dastes era presente quando la consegnarono nelle mani dei monaci. Dastes aveva già 128 anni, ma era ancora molto lontano dalla perfezione.
Alla bambina fu dato il nome di Vessha, e giunta all'età giusta fu inserita all'interno delle ancelle aspiranti al ruolo di monaco. Rispetto alle altre bambine di sei anni, Vessha aveva un vantaggio notevole: nessun legame con il mondo esterno. Nessun genitore, nessun fratello, nessun parente, nessuna patria, nessuna fede. Abbracciò completamente le discipline monastiche, che divennero in breve tempo la sua unica ragione di vita. All'età di ventitre anni sconfisse in duello il maestro Char, araldo del primo segno. Le fu chiesto di intensificare l'addestramento e di puntare ancora più in alto, in modo da ottenere l'illuminazione. Vessha accettò, e negli anni successivi visse in quasi completo isolamento, temprando mente e corpo contro ogni tipo di invasione esterna. Quando i maestri la ritennero in grado di affrontare la prova e divenire essa stessa araldo, rifiutò, tornando ad essere un semplice monaco. Rifiutò anche di addestrare altri monaci, rifiutò qualsiasi incarico di responsabilità. Vessha eseguiva ogni compito alla perfezione, portava a termine ogni suo dovere con il massimo dell'efficienza dedicandogli la metà del tempo rispetto a qualsiasi altro monaco di Ynnaghis. E il resto del tempo, lo dedicava all'addestramento.

Dastes fu incaricato di seguirla, di interrogarla, di oltrepassare la barriera che la ragazza aveva eretto attorno alla sua mente e al suo cuore. Lo scopo di Dastes, e quello dei suoi superiori, era quello di condurre Vessha fino alla cerimonia della saldezza, che avrebbe sancito la sua completa autonomia... esiliandola per sempre da Ynnaghis.
Dastes eseguì il suo incarico con dedizione e molta, molta pazienza. Inizialmente Vessha non accettava altro modo di relazionarsi a lei se non combattendo, fisicamente o spiritualmente. Dopo qualche anno, finalmente accettò Dastes come confidente, oltre che come maestro. E dopo qualche altro anno ancora, come amante oltre che come confidente. Dastes completò l'addestramento di Vessha donandole l'umanità di cui il monastero l'aveva privata. Le insegnò a sfruttare i propri sentimenti, anziché ignorarli. E le insegnò a seppellirli, quando fossero di ostacolo. Alla vigilia del trentesimo anno di nascita di Vessha, Dastes -che nel frattempo era divenuto uno degli esarchi- comunicò agli anziani del settimo segno che la ragazza non aveva più nulla da imparare, a Ynnaghis. Era pronto a officiare la cerimonia della saldezza.

Come regalo personale per la sua dipartita da Ynnaghis, Dastes aveva fatto creare una coppia di armi magiche, le Radici Affilate di Traladara, o Traladar-egils. Le consegnò a Vessha l'ultimo giorno in cui la vide, il giorno in cui uno degli oligarchi, Arkande Kayenna, venne di persona al monastero di Ynnaghis per prelevare ciò che era suo e che per anni era stato per lui coltivato. Vessha aveva rasato la sua testa, raccolto i lunghi capelli neri in una treccia che le scendeva lungo la schiena, indossato l'abito monastico da viandante e non aveva preso con sé nulla, tranne le armi donatele da Dastes. Quando la porta del monastero si chiuse, Dastes pianse amaramente.

sabato 14 novembre 2009

9 - Visita alla Torre dei Sospiri

Carnelia de Belcadiz si voltò, e anche se il cappuccio sul suo capo era sufficiente a nasconderle il volto, il capitano della scorta intuì immediatamente le intenzioni della principessa.
"Mia Signora, - sussurrò - non possiamo permetterle di entrare senza una scorta! Sta mettendo la sua vita in serio pericolo!"
Dona Carnelia abbassò lo sguardo. Il corridoio umido, freddo e poco illuminato le ricordava tutte le altre volte che era dovuta scendere nei sotterranei della Torre dei Sospiri, per parlare con un prigioniero. Ma stavolta era diverso, il prigioniero non era il solito mercenario al soldo di qualche casato che aveva maldestramente cercato di metterle un bastone tra le ruote. Stavolta il prigioniero era un Marut, uno degli inevitabili che aveva cercato di uccidere gli stessi avventurieri che aveva appena assoldato.

Appena li aveva visti, nella sala della caccia, che usualmente Carnelia usava come sala d'attesa per gli ospiti senza titolo nobiliare, aveva capito immediatamente che si trattava di avventurieri. Armi nel fodero, zaini ingombranti, ampi mantelli a coprire le armature, cicatrici sulla pelle e lo sguardo ingenuo di chi ha scelto come mestiere quello più pericoloso di tutti. Tuttavia, avevano deciso di presentarsi tutti come il seguito di uno di loro, un mago, un tale Laxarus. Il solo fatto che un sedicente mago viaggi con una scorta di mercenari come servitori, a Glantri sarebbe visto con sospetto. Carnelia però era incuriosita, e il suo ciambellano sembrava convinto che potessero essere "utili", il che significa "manipolabili". Parlando con loro li aveva trovati fortemente motivati. Erano interessati a trattare con i maridiani, un compito che persino Ricardo aveva rifiutato. Perché volessero farlo? A Carnelia non interessava. Gli avventurieri le avevano assicurato che non avevano intenzione di farsi un nome affrontando gli oligarchi di Maridia (anche perché, in tal caso l'unico nome che si sarebbero fatti era quello scolpito sulla loro lapide). Era stata chiara con loro, avrebbero potuto condurre il negoziato in piena libertà, scambiando la libertà di Nogard per qualsiasi cosa, ma Carnelia aveva imposto loro un minimo: l'esclusiva al casato de Belcadiz nell'acquisto di oggetti magici da Maridia. Ottenere di più e di meglio sarebbe stato alle loro capacità diplomatiche, e a Carnelia non interessava veramente come sarebbe andata a finire. Se gli avventurieri avessero portato a termine il negoziato con successo, il casato ne avrebbe guadagnato, e se gli avventurieri fossero stati trucidati, nessuno del suo casato sarebbe stato coinvolto e lei si sarebbe liberata di Nogard.

"Non temete per me, -rispose l'elfa al capitano - so badare a me stessa. E in ogni caso, Cortazar mi assisterà. Ho bisogno di porre alcune domande al Marut, prima che arrivino gli avventurieri."
Il capitano deglutì e annuì lasciando trapelare un evidente nervosismo. La principessa si calò il cappuccio sulle spalle, aprì la porta ed entrò.
"Dona Carnelia! - Cortazar, il carceriere dei de Belcadiz, la accolse carolosamente vedendola entrare - Siete radiosa come al solito."
"Smettetela con le lusighe, Cortazar. Sono stata scortata qui in piena notte dopo una festa di quattro ore, non ho intenzione di perdere tempo in convenevoli, soprattutto se fuori luogo."
Carnelia abbandonò lo sguardo severo quando i suoi occhi si abituarono all'oscurità della stanza. Al centro della sala circolare, buia e lugubre come tutto il resto dei sotterranei, stava immobile un corpo, in piedi. Il corpo era pieno di cicatrici e tatuaggi, massiccio nella muscolatura, completamente nudo, paralizzato dalla magia. Sembrava di essere al cospetto di una statua vivente, la statua di un qualche dio della guerra.
"Oh sì, certo... ho preparato Nogard per i negoziatori, come mi avete ordinato. Potete avvicinarvi senza timore, è ancora sotto stasi."
Carnelia si fece avanti. Sollevò lentamente la mano sinistra e pronunciando alcune parole magiche, illuminò le proprie dita con il bagliore di una luce magica. Il corpo di Nogard non respirava nemmeno, cristallizzato in un istante di tempo, le mani giunte sul petto, il capo leggermente chino in avanti, gli occhi chiusi. "Impressionante, vero? - commentò Cortazar - Si raccontano molte leggende sugli oligarchi. Si dice che abbiano sfidato gli dei, viaggiato fino al fondo degli inferi, raggiunto il grado di divinità essi stessi..."
L'elfa restò in silenzio per qualche secondo, immersa nei suoi pensieri. Poi voltò la luce verso il carceriere.
"Portami dal Marut. Ho poco tempo. Ho consigliato loro di parlare con te il prima possibile."
"Ma certo mia Signora, - rispose Cortazar - da questa parte."

Il Marut era stato catturato dagli Abiuratori della milizia di Glantri mentre cercava di attraversare una torre sfondando un muro dopo l'altro. Il rapporto parlava di un feroce scontro su una delle terrazze della città. A quanto pare due inevitabili avevano attaccato gli avventurieri, senza curarsi della gente che riempiva la piazza sospesa al tramonto. Molti cittadini erano rimasti uccisi, vittime dei colpi magici scagliati da entrambe le parti, ma nell'udienza preliminare il Consiglio aveva scagionato il gruppo da ogni accusa. Certo, ci sarebbero stati altre due sedute in futuro, e infine il giudizio della Corte Suprema, e questa prima assoluzione si sarebbe potuta trasformare in una condanna, ma per ora gli avventurieri ne erano usciti puliti.
Tuttavia, anche se per Glantri il gruppo era innocente, era evidente che non lo erano per le autorità di Mechanus. Dona Carnelia doveva sapere. "Il prigioniero è a sua disposizione per tutto il tempo che vuole, mia Signora. - disse Cortazar invitandola a entrare nella cella. - Io sarò qui fuori, se avrà bisogno di qualcosa, mi chiami."
"Grazie Cortazar." Ringrazio la principessa. Poi chinò il capo e scomparve all'interno della cella dove era stato rinchiuso l'inevitabile.

martedì 10 novembre 2009

8 - Ordine assoluto

Gigantesche ruote dentate si mossero con fragore, e mentre l'umano faceva il suo ingresso nella sala delle udienze di Primus, si chiedeva se le porte stesse non fossero una estensione del corpo del padrone assoluto di Mechanus. E si rispondeva che sì, probabilmente lo erano.

L'uomo in questione era vestito in modo semplice, e sopra la tunica color cachi indossava un panciotto costellato di tasche dalle quali spuntavano penne, cacciaviti e altri strumenti di difficile comprensione, per i non addetti. L'intera parete di fronte a lui era costituita da una infinità di meccanismi, molle, pistoni e staffe che scattavano ogni secondo bilanciandosi, sincronizzandosi, spostandosi con tale precisione che era impossibile non apprezzarne la divina perfezione.
Al centro della parete, immobile e senza espressione, incastonato all'interno di un'apertura circolare e brillante di una meravigliosa luce bluastra, l'occhio di Primus splendeva incessantemente e senza mai battere ciglio, fornendo energia perpetua all'intero macchinario. Un macchinario che comprendeva l'intero Regolus, con le sue sessantaquattro piattaforme rotanti, governate ognuna da un Octon... e sopra di loro ci sono i Quarton, che amministravano le sedici sezioni di terzo livello, e poi ancora i quattro Secondus, e infine Primus, l'unico, la divinità che vegliava sulla perfezione di Regolus, nel Nirvana Meccanico.

La testa dell'uomo, calva, iniziò a sudare copiosamente. Primus si rivolse a lui con voce neutra, monotona, imponente.
"Individuo John Von Neumann, meglio noto come Neumann, abbiamo bisogno di spiegazioni. Riferire l'esito della missione Aramil/Celeborn e destinazione finale degli inevitabili 318-2 e 615-alpha."
Neumann si guardò attorno. Si sentiva come Giona, inghiottito da una mastodontica balena meccanica, impotente all'interno della pancia del mostro, senza alcuna via di scampo. D'altra parte, sapeva che Primus non aveva alcun interesse nel giudicarlo, men che mai nel punirlo. Neumann non era un semplice supplicante. Aveva ottenuto da Primus dei privilegi e dei poteri che lo rendevano una delle autorità più importanti di Mechanus. Anche se il concetto di autorità, su Mechanus, perdeva quasi completamente di significato. Neumann era un creatore. Un ingegnere, come lo appellavano i formian. Aveva dato vita a una intera zona di Mechanus nominata in suo onore Neumannus. Una colossale fabbrica autosufficiente in grado di progettare, costruire e attivare alcune delle forme di vita più note del Nirvana Meccanico: gli Inevitabili. Quando Primus lo invitava a comparire al suo cospetto, si trattava sempre di questioni inerenti al funzionamento del Neumannus. E per John era facile prevedere le domande di Primus, e prepararsi le risposte.

"Ho il registro dei loro rapporti, fin quando non si interrompono." Neumann li agitò in alto, in modo che Primus potesse vederli, poi iniziò a commentarli, mantenendo lo sguardo fisso sui dati.
"L'ultimo aggiornamento risale a due giorni fa. Neumannus ha prodotto il Marut codice 318-2 e il Quarut 615-alpha e li ha affiancati con due unità di supporto modron al fine di rintracciare e distruggere le entità note con il nome di Aramil e Celeborn. Aramil è colpevole della violazione della direttiva 66 paragrafo 16 comma 23; Celeborn è ricercato in ottemperanza alla sottodirettiva 994 aggiunta di recente, dopo la distruzione dello strato 471 dell'abisso, dominio di Pale Night. Il Quarut 615-alpha ha raggiunto il piano materiale conosciuto come Mystara, nei pressi della città di Glantri. Hanno proceduto a raccogliere informazioni, eliminando successivamente le fonti come da procedura. Hanno individuato gli obiettivi all'interno della città stessa. L'ultimo rapporto riporta le coordinate del luogo dove hanno dato inizio alla procedura di risoluzione. Non c'è altro."

Primus restò in silenzio per alcuni interminabili minuti, durante i quali Neumann ebbe la tentazione di asciugarsi il sudore con i fogli. Ma si trattenne. Infine la divinità parlò di nuovo:
"La probabilità che le unità Marut e Quarut incaricate della missione siano state distrutte sono troppo alte per permetterci di esitare. Il Neumannus deve produrre nuove unità da assegnare alla missione. Si richiede che l'individuo John von Neumann supervisioni la produzione delle nuove unità."
Neumann era turbato.
"Perché Primus vuole che la produzione sia supervisionata? Il Neumannus è la concretizzazione definitiva del concetto di automa auto-replicante, è in grado di regolarsi in maniera autonoma e di configurare i nuovi inevitabili in modo che le percentuali di successo siano ogni volta matematicamente migliori della volta precedente... Non necessita di alcun intervento esterno!"
Primus non rispose. La porta alle spalle di Neumann si spalancò, lentamente. Oltre la soglia, quattro modron sferici e allineati attendevano che l'umano si congedasse e lasciasse la stanza. Neumann sbuffò, ripiegò i fogli e li infilò in una delle sue tasche, poi si voltò e uscì. Le pesanti porte si chiusero di nuovo, cigolando e stridendo, fino a sigillarsi ermeticamente.