mercoledì 28 ottobre 2009

7. Il prigioniero

All'attenzione di Vostra Eccellenza, la Principessa Carnelia di Belcadiz.
Vogliate scusare il ritardo con il quale vi scrivo, ma al fine di svolgere al meglio i compiti che ho avuto onore di ricevere da Voi, ho dovuto modificare alcune delle direttive normalmente applicate ai prigionieri del Pozzo delle Anime Perdute.
Innanzitutto voglio rassicurarvi: il prigioniero è al sicuro e ancora in nostro possesso. Dopo averlo privato di ogni arma e armatura, e averlo incantenato con l'adamantio, come da voi richiesto, siamo riusciti a porlo in stasi in maniera permanente. Il suo corpo è stato calato all'interno di una delle camere di contenimento, come è solito per gli ospiti del Pozzo che non devono essere giudicati dall'alto consiglio e la cui condanna è permanente. Tuttavia ho personalmente applicato alcuni sigilli di interdizione sulla botola, in modo che nessuno la apra inavvertitamente. Mi sono permesso anche di incantarne magicamente le pareti, con rituali di protezione che rendono ulteriormente difficile individuare il prigioniero, dissolvere le magie che lo mantengono in stasi, e liberarlo. Conosco alla perfezione le regole del Pozzo delle Anime Perdute, so bene che il Pozzo è già provvisto di molte misure di sicurezza che rendono la maggior parte delle magie inutili, tuttavia e con licenza parlando, mia Signora, se Voi aveste visto di cosa è stato capace il prigioniero prima che lo catturassimo, Voi stessa avreste la mia stessa premura.
Vi invito comunque a non credere a quei soldati sopravvissuti che riporteranno voci infondate riguardo l'avvento di una divinità, o di un eroe mitologico. Credetemi, non c'era nulla di eroico né di divino in quella radura rocciosa, quando la trappola di Sua Signoria il Barone è scattata. Il prigioniero è un combattente formidabile, per forza e per esperienza, e sono state solo la sua forza e la sua esperienza che gli hanno permesso di resistere ai continui attacchi da parte dei nostri incantatori e della nostra milizia. Capisco bene che di fronte a quasi un centinaio di soldati di alto rango, massacrati e mutilati in quel modo, alcuni di loro possano aver creduto di aver scorto un avatar o un qualche tipo di creatura ultraterrena. Quello che posso assicuravi è che Nogard è solo un uomo, di carne e ossa come lo sono io e lo siete voi. Solo lui stesso sa cosa gli passa per la testa, che sicuramente la sua mente non è affine alla nostra, e il suo modo di vedere la realtà non ci appartiene né ci corrisponde. Eppure abbiate fiducia nelle mie parole: dentro quel pozzo si trova una vera furia della guerra, un veterano del massacro, una belva. Niente di più, niente di meno.
Pertanto, per quanto riguarda la preoccupazione di Vostra Eccellenza, che l'alto consiglio potesse considerare questa vicenda come una pericolosa prova della forza di potenze divine, vi consiglio di riportare loro questa mia considerazione: se anche il prigioniero possedesse un qualche tipo di benedizione divina, o se fosse un eletto, o una semidivinità lui stesso, in ogni caso l'arte l'ha piegato e ridotto in catene.
Sicuro di esservi stato di aiuto,
Vostro Servitore,
Gadis Cortazar

martedì 27 ottobre 2009

6. Dal diario di Dama Isabelle d'Ambreville

Septio della III decade, 1209 DI
Ho avvertito un fremito non appena li ho veduti entrare. Hanno varcato la porta della bottega come se non avessero tempo da perdere in chiacchiere, il ché è abbastanza insolito per la città di Glantri. La chiamano la "città della magia", ma io credo che "città delle frivolezze" sia un appellativo molto più azzeccato. Nessuno a Glantri dimostra apertamente di avere fretta, solo chi non può permettersi di gettare all'aria il tempo va di fretta, e tutti vogliono dimostrare di avere tempo da perdere. E probabilmente, ce l'hanno.

Un guerriero in armatura violetta si è avvicinato al bancone, seguito da quello che probabilmente era uno stregone, un tizio dall'aspetto trasandato, e da un insolito elfo. E poi c'era Aramil, o almeno così mi ha detto di chiamarsi. Credevo fosse il giullare del gruppo, vestito con colori abbastanza vivaci da distinguersi dagli altri della sua compagnia. Mentre loro erano intenti a scambiare oggetti con Serena, ho scambiato due chiacchiere con lui. Una persona colta quanto basta da sostenere la conversazione, ma non ancora da risultare noiosa. Mi ha detto che hanno intenzione di raggiungere Maridia, per portare a termine alcuni affari. Hanno bisogno di un trasporto, o di una magia che accorci loro il viaggio. Orbene, chiunque a Glantri che abbia superato il quinto anno di accademia conosce l'incantesimo di cui hanno bisogno, ma nessuno sarebbe disposto a portarli laggiù gratuitamente. I cittadini di Glantri sono gente che ama starsene lontana dai guai, cullata dalle ricchezze e coccolata dalla magia. Glantri in effetti è il luogo più distante dall'avventura che io conosca. Così ho proposto loro uno scambio.

Camille ormai è al limite, le mie pozioni magiche non riusciranno a rallentare ulteriormente l'avanzare della maledizione. La sua mente è quasi completamente ottenebrata, stenta a concentrarsi anche solo per accendere una luce magica. Se Jean-Luis non trova immediatamente un gruppo di avventurieri disposto a farsi carico della missione, dovrò andarci io stessa.
Ho insistito affinché Aramil parlasse con Camille, e con Jean-Luis, nelle sale superiori della bottega, e in cambio ho offerto loro di teletrasportarli dovunque vogliano. Stavo raccontando ad Aramil anche del prigioniero dei Belcadiz, un guerriero di nome Nogard che pare faccia parte dell'oligarchia regnante a Maridia. Non credo che riusciranno ad ottenere nulla dai Belcadiz, ché sono troppo impegnati a rimettere in piedi i loro loschi affari per concedere favori a un gruppo di avventurieri, ma in ogn caso mi sembrava opportuno metterli al corrente della situazione -piuttosto tesa- che c'è tra Maridia e il clan de Belcadiz.
Purtroppo sono stata interrotta da quell'idiota di Gaston, in preda a un'altra delle sue crisi. Sono tentata di porgergli una bottiglia di acqua di fiume, la prossima volta che appare dal nulla, sudato e tremante, per chiedermi un'altra fiala di pozione della memoria. Ma la sua dipendenza da queste pozioni è un modo molto efficace di tenerlo sotto controllo. E comunque, è probabile che anche lui sia vittima di una maledizione lanciata da quella stronza di Tayana.

Più tardi ho saputo da Jean-Luis che gli avventurieri non hanno accettato l'incarico. Perlomeno, non immediatamente. Jean-Luis dice che comunque non l'hanno rifiutato, il che ci dà speranza. Ma dubito che torneranno. Stanotte, dopo la seduta del parlamento, invierò un messaggio a Richard affinché mi preparino una stanza presso il loro castello. Potrei convincere Don Diego a seguirmi in questa assurda missione suicida, ma credo che Glantri abbia ancora bisogno di "Manuel dei Puri" e delle sue plateali pagliacciate. Charles mi aspetta. Vado a prepararmi.

lunedì 26 ottobre 2009

5. La compagnia del Principe Innocenti

Franz Lowenroth raggiunse lady Rowena e il suo principe, Innocenti di Malapietra, che i due non avevano ancora varcato i confini delle terre del principe Jherek. Si erano accordati per una passeggiata nelle radure boscose del principato, ma Franz era rimasto indietro, perché presso il varco meridionale di Glantri era stato fermato da un gruppo assai curioso di viandanti planari.

Quando Franz raggiunse Innocenti, egli cavalcava placido a fianco dell'elementalista, annoiandola con i suoi soliti discorsi sulla gestione degli introiti del Circo Lizzieni. Lady Rowena non attese oltre, e quando Franz rallentò l'andatura del suo cavallo per adeguarla a quella dei suoi due compagni, la nobildonna si voltò immediamente verso il barone interrompendo il pomposo monologo nel quale Innocenti era impegnato.

"Franz! Eravamo in pensiero. Credevo che quei loschi viandanti vi avessero rapito."
La fanciulla sorrise. Franz intravide sotto le ciocche di capelli che ella portava sempre sciolte sulla parte sinistra del volto, la cicatrice che la maga si era procurata anni fa. Si trattava di una cicatrice magica, sventurato epilogo dello studio di alcune forze magiche che si erano rivelate molto più grandi di lei. Una creatura degli abissi le aveva sfregiato il volto, e da quel giorno la ragazza aveva promesso la sua mano a chiunque le portasse la testa di quella creatura. Ma la cicatrice non impediva di coglierne la bellezza, quel tipo di bellezza indomita e forte che è tipica di chi sa maneggiare così bene le forze magiche elementali. E in ogni caso, Rowena non si era di certo arresa: negli anni aveva continuato a studiare le arti arcane con intenso impegno, fino a guadagnarsi la carica di Elementalista del Fuoco del Terzo Circolo.
"Vi ringrazio della preoccupazione, - rispose con garbo il barone - ma dubito che sarebbero riusciti a sopraffarmi. Credo di conoscere almeno un paio di trucchetti magici più di loro, mia cara Rowena. Ma non volevo interrompere la vostra conversazione... di cosa stavate parlando?"
Rowena anticipò il principe Innocenti, prima che potesse proferire parola:
"Il viceré mi stava raccontando del successo dell'ultimo spettacolo organizzato presso la sua arena... Ma siamo molto più curiosi di sapere di cosa avete conversato con quegli strani individui! ...non è vero altezza?"
Il principe di Malapietra scosse il mantello e guardando fieramente avanti si limitò a sussurrare: "Ma certo."
"Non credo che stessero mentendo quando hanno asserito di essere dei viandanti planari... - raccontò il barone Lowenroth mentre soffocava un sorriso per la reazione di Innocenti - Sicuramente il loro accento non era di Caurenze, né di qualsiasi altra città del principato. E comunque non sono riusciti a nascondere una completa ignoranza nei confronti del posto, il ché non può che essere indice della loro sincerità, visto che ben pochi su questo piano possono davvero non sapere nulla della Città della Magia. Mi hanno pregato di aiutarli a raggiungere il quartiere nobiliare, e ho chiesto al timoniere di fare una piccola deviazione riportando a casa Agostino e Bartolomeo."
"Per gli dei! - Esclamò Rowena coprendo il proprio sorriso con una mano - Non erano in grado di muoversi per Glantri altrimenti?"
Il principe innocenti rise di gusto.
"Posso solo immaginare - riprese Franz - che provenendo da piani di esistenza più barbari e primitivi, non abbiano la confidenza necessaria con la magia..."
"Ma Franz, sono conoscenze da primo anno di accademia!" Fece notare la nobildonna.
"Non prenderti gioco dei viandanti planari, Rowena! - la ammonì Innocenti - Le loro conoscenze di magia non saranno all'altezza della nobiltà di Glantri, ma sopravvivere a ripetuti viaggi planari è sufficiente affinché meritino il tuo rispetto."

Franz per una volta era d'accordo con il principe. Era stato anche lui un avventuriero prima di ritirarsi dalla scena, e prima che la famiglia Malapietra si accorgesse di lui aveva affrontato numerose missioni pericolosissime. Eppure non aveva mai osato varcare un portale. I suoi maestri all'Accademia della Magia l'avevano sufficientemente ammonito: mai, mai varcare un portale. Quando oltrepassi la soglia, non sai cosa può accadere. Anche analizzando il portale e scoprendone la destinazione, non saprai mai dove apparirai di preciso, e in compagnia di quali pericoli. Sempre che la tua analisi sia corretta. Sì, il principe aveva senz'altro ragione.
"E avete fatto bene altezza, se mi è permesso dirlo, ad invitarli alla festa di stasera. Sono sicuro che il disappunto di Lady Szaza Markovitch sarà ripagato dalle storie che ci racconteranno."
Innocenti sorrise compiaciuto.
I cavalli proseguirono oltre le colline, attraversando piccoli ruscelli e piacevoli radure, lasciandosi alle spalle la città.

venerdì 23 ottobre 2009

4. Ultime parole di Edgar Malaware, sedicente informatore

"I Principati non erano pronti al loro arrivo, ma che lo fossero o meno, la ruota del destino aveva deciso che Aqel, Aramil, Celeborn e Vorlax (rigorosamente in ordine alfabetico) si sarebbero trovati là. E quel là era l'acquitrino delle foglie, poco a nord della città di Glantri. L'acquitrino era un piccolo appezzamento di terreno paludosi, sufficientemente esteso per essere segnalato nelle mappe locali, ma poco significativo dal punto di vista storico. Tranne forse un'eccezione: quella volta che Erimal Lumocorno aveva tentato di animare nell'acquitrino un golem di mithril. Scelse l'acquitrino perché era abbastanza isolato, lontano dalle abitazioni (ma non da una comoda via commerciale) e soprattutto perché c'era acqua in abbondanza per animare le sue creature. Purtroppo qualcosa andò storto... qualcosa relativa al flusso magico o non so cosa... ci fu un botto e un lampo di luce, tanto che Karelle della Taverna al Vecchio Crocicchio disse che era come se si fosse fatto giorno d'improvviso! ...e nessuno seppe più nulla di Erimal. Trovarono solo vecchi rottami e ciarpame magico, che decisero di abbandonare nella palude. Ma sto divagando... dov'ero arrivato? Ah, sì. Arrivarono ben prima che fosse l'alba, probabilmente attraverso un portale. Comparvero nella palude, e non doveva essere una festa. Ma erano avventurieri, ancor prima che viandanti planari, quindi non fecero troppo caso alle zanzare e al fetore di legno marcio. Si diressero verso le luci all'orizzonte, che inizialmente pensavano fossero dovute a un'alba prematura, ma quando giunsero alla strada commerciale, si resero conto che stavano osservando i bagliori della città di Glantri. La città appariva loro come coperta da una spessa cupola di vetro trasparente, e all'interno della cupola si intravedevano abitazioni alte diversi piani e centinaia di piccole luci attorno a ogni palazzo, pari a quelle di tantissime torce. Era uno spettacolo mozzafiato, anche a quella distanza. Sembrava di osservare un pezzo di futuro, o il paesaggio di un racconto fiabesco... ed erano ancora a diversi chilometri dalla città! Di quel posto non conoscevano nulla. Geografia, storia... nulla di nulla. Non era solo un nuovo regno, era un nuovo mondo, in un universo completamente nuovo! Guardando in cielo si accorsero delle presenza di molteplici lune (ma questo lorsignori lo sapranno, era un effetto magico attivo nel principato). Avrebbero potuto incontrare creature mai viste. Avrebbero potuto imbattersi in minacce molto al di sopra di quelle che immaginavano! ...ma è proprio questo il gusto di varcare una soglia planare, il bello di essere un viandante. Percorsero la strada principale per diversi chilometri verso sud, in direzione della capitale. Quando capitava loro di incontrare qualcuno, tenevano un profilo molto basso: chiedevano informazioni e lasciavano che popolani e diligenze proseguissero per la loro via. Qualcuno notava il loro insolito accento, ma nei Principati nemmeno il più zotico dei contadini si stupisce più per un accento bizzarro... siamo tutti abituati alle stranezze dei maghi! Vi ho raccontato di quella volta che Loshell Vandevald ha assistito al parto di una bullette all'interno del suo fienile? Oh, è stata una cosa straordinaria, quella volta c'era anche il Gran Protettore Freire che... Cosa dite? Sto divagando ancora? Oh beh scusate, deve essere la vecchiaia. Ad ogni modo, quando l'alba -quella vera- cominciava a stendere pennellate di rosa all'orizzonte, i viandanti giunsero in vista di una locanda. Era la prima che incontravano lungo la strada da chilometri, e si trovava a poca distanza dalla città. Lo splendore di Glantri, a quella distanza, era mozzafiato: palazzi sospesi, ponti di luce luminosa, bagliori che si spostavano tra le torri... Decisero di fermarsi alla locanda. Avrebbero proseguito il giorno successivo. La locandiera sapeva il fatto suo, diede loro qualche dritta. Ad esempio che avrebbero fatto meglio a nascondere i simboli sacri: la religione a Glantri è considerata vera e propria eresia. Ehi non spingere! ...cosa c'è? Non vedi che sto parlando con questo signore? Uhm? Sei in chiusura? Oh... beh, allora temo proprio che la nostra storia proseguirà domani, se gli dei lo vorranno! Mi troverete qui, alla stessa ora di quest'oggi, pronto a dirvi tutto quello che ho sentito su quel gruppo di viandanti. Ora se potessi avere le monete d'oro che mi avete prom..."

mercoledì 21 ottobre 2009

3. Dushmir, arcidruido di Mosstone

Kerter tornò alla sala dell'accoglienza, un grande salone dalla pianta vagamente ottagonale, con colonne sottili, archi a volta e bassorilievi dorati che lo rendevano già un luogo interessante senza bisogno di aggiungervi le grosse vetrate, di cui una nel mezzo del pavimento, che davano piena vista alle nebbie eterne del piano etereo. Il salone era colmo di viandanti planari. Essenzialmente mercanti ed esploratori, attirati dalle ricchezze nascoste tra i piani interni, come ad esempio i minerali preziosi del quasi-piano dei cristalli, o le perle radianti che si generano a metà strada tra il piano positivo e quello del fuoco. Un mercante di razza mercane aveva già approfittato dell'attesa per stendere un tappeto e mettere in mostra alcune cianfrusaglie, ma nonostante l'impegno dei suoi servitori nel richiamare attenzione, quasi nessuno si avvicinava alla mercanzia. Serphe, il tanarruk che si occupava della sicurezza di Eclipsia, le fece capire con uno sguardo che era tutto sotto controllo. Dopo aver congedato un bariaur in attesa di ricevere indicazioni per la Città di Ottone, imboccò il corridoio per le stanze private degli ospiti. Erano le stesse dove Wodan aveva accoltogli avventurieri, qualche giorno prima, recuperando i loro corpi nel piano dell'energia positiva. Adesso la stanza era occupata da alcuni druidi provenienti da Abeir-Toril, che invocavano l'aiuto di Wodan. Prima di entrare nella stanza, si aggiustò il corpetto di cuoio verde, gli occhiali, e si lisciò i capelli corti all'indietro.

"Signori, - esordì entrando nella stanza - Wodan ha preparato un portale dimensionale che vi riporterà nel vostro piano materiale, senza che dobbiate viaggiare ulteriormente tra i piani." L'arcidruido di Mosstone, Dushmir, con un rapido movimento delle mani, spense gli incensi che aveva di fronte e si sollevò in piedi. Immediatamente le sue guardie del corpo, due possenti centauri corazzati, si fecero al suo fianco. "Suppongo che Wodan non abbia riconsiderato la sua decisione di negarci l'aiuto richiesto." disse con voce grave. L'arcidruido era un vecchio dalla statura imponente, con una lunga barba ispida che sottolineava un volto severo e privo di compassione. Kerter lo trovava irritante, anche se si rendeva conto di non conoscerlo affatto. Cercò di dargli la risposta più secca e decisa possibile. "Wodan ha già riconsiderato la sua decisione, probabilmente l'ha fatto un milione di volte nello stesso attimo nel quale voi avete portato alla sua attenzione la vostra richiesta. Una divinità, dovreste saperlo, esprime verità non opinioni. Se vi ha negato la sua collaborazione, è perché ritiene che sia la cosa migliore da fare." Il vecchio si voltò aggiustandosi le pesanti vesti, e raccolse la falce magica che gli porgeva il centauro alla sua sinistra. "La cosa migliore da fare, giovane viandante? - accennò una risata sprezzante - Migliore... per chi? Chiediglielo la prossima che ti concede di porgli delle domande." Poi sbatté con irritazione la falce sul campo di forza che faceva da pavimento alla stanza. Ne scaturì un rumore sordo, come se il bastone fosse stato spinto con forza tra i ciottoli di un fiume. Si avviò verso la porta oltrepassando Kerter, preceduto da uno dei suoi guerrieri centauri e affiancato dall'altro. "Portategli i miei omaggi." sibilò infine Dushmir a denti stretti, scomparendo nel corridoio. La mezzelfa non si voltò a seguirli, attese che l'ultimo degli ospiti svoltasse l'angolo e sbuffò in silenzio.

lunedì 19 ottobre 2009

2. Ogni cosa al suo posto

Dapprima una fremito lo riportò alla coscienza, poi ascoltò lo schiudersi del suo corpo alla nuova vita. Sentì gli occhi bruciare fin nelle orbite, e capì di essere stato sbalzato nel piano dell'energia positiva. Com'era possibile? Quei tre idioti non potevano aver evocato una forza magica tale da far collassare la piattaforma che aveva costruito. Syojatar scavò a lungo nella sua memoria, mentre i proprio corpo veniva ricreato e sanato dal flusso di energie guaritrici che permeava il piano dell'energia positiva. Ma certo! Comprese cosa era accaduto proprio nell'attimo in cui una scossa rigenerante gli attraversò la spina dorsale. Avevano sabotato il meccanismo, e poi l'avevano nuovamente attivato. Potevano essere così stupidi? Chi mai infilerebbe una spranga tra le ruote di un carro prima di spronare i cavalli? Ma non c'era altra spiegazione. E d'altro canto, era propria dei mortali la curiosa caratteristica di sfuggire al buon senso quando è in pericolo la vita.

Syojatar lo sapeva bene. Come tutti gli ultroloth aveva trascorso secoli a studiare tutte le forme di vita umanoidi, al fine di trovare nuovi metodi per causare loro dolore e tormento. Avrebbe dovuto aspettarsi che quei tre insetti, messi alle strette, avrebbero tentato ogni cosa pur di salvarsi la pelle. L'istinto di sopravvivenza era una forza interiore che non avrebbe mai più sottovalutato. Con un colpo di energia riprese il controllo del proprio corpo, il quale era stato molto vicino all'essere completamente disintegrato. Stese le dita di fronte a sé ghermendo il tessuto planare e lacerandolo con forza, quindi si catapultò fuori dal mare di luce. Poteva muoversi solo per piccoli passi, scalando i piani interni uno ad uno fino a tornare nella Gehenna. Lì avrebbe riacquistato la vista e recuperato completamente le forze. E infine avrebbe cercato le tracce dei tre mortali che avevano distrutto il suo capolavoro dimensionale. Era solo una premura inutile, un desiderio che lo rodeva dentro senza alcun motivo. Se l'esplosione aveva quasi distrutto lui, un signore degli yugoloth, non c'era davvero nessuna possibilità che quei mortali fossero sopravvissuti. ...o forse lo erano?

domenica 18 ottobre 2009

1. Eclipsia

La mano vibrante di energia di Wodan si fermò per un istante, e la potenza aggrottò le ciglia, scosso da un pensiero. Uno dei milioni di pensieri, giacché le divinità possono muoversi nel tempo a loro piacimento, e ogni loro ragionamento ripercorre mille volte l'arco di tempo che un mortale impiega a compierlo. Ma quel pensiero affiorava dal mare dei pensieri come la corteccia di un sughero in una fontana. Con uno sguardo infuse un'ultima goccia di energia al Cosmolabio, che riprese nuovamente a muoversi, cigolando e scricchiolando come di consueto. Ingranaggi e ruote dentate ruotarono spingendo globi di bronzo e aste graduate in alto e in basso, mentre lastre di metallo e cerchi lucenti attraversavano la stanza, incrociando di tanto in tanto una delle traiettorie.
"Credete che torneranno, mio Signore?" chiese una vocina flebile, immobile vicino alla porta. Wodan arricciò il naso. Il suo unico occhio non si distrasse dal macchinario, ma lo fece la sua mente, per un altro lunghissimo istante.
"Credo? ...di più, ne ho la certezza, mia piccola servitrice mortale... Ma temo comunque per le loro coscienze. Una divinità sopravvive per certo alle incertezze e ai dubbi, ma un mortale... la vita di un mortale è un lancio di dadi, una gara fra la sapienza e la decadenza. La consapevolezza della realtà che un mortale acquisirà alla fine della propria esistenza... è un mistero insondabile anche per una potenza. Un segreto chiuso nei vostri cuori."
La piccola mezzelfa si aggiustò le lenti, che poggiavano pesantemente sul naso minuto. Il suo nome era Kerter ed era una viandante planare. Veniva da un piano lontano, uno dei tanti, e aveva viaggiato per molto tempo prima di giungere a Eclipsia, la dimora di Wodan, una delle poche divinità restanti di un pantheon estinto da secoli, venerato da pochi, rappresentato ormai quasi completamente da potenze stanche dell'immortalità, sparse nel multiverso, in cerca di un senso per la loro esistenza. Eclipsia era un semipiano fluttuante del piano etereo, quasi una tappa obbligata per quei pochi viandanti planari che si avventuravano fin nei piani interni... nel caos elementale. Wodan aveva creato Eclipsia, e poi si era esiliato in questo luogo remoto, per studiare i piani interni, la loro energia primordiale, l'essenza che genera ogni cosa. Kerter non sapeva bene per quanto si sarebbe fermata a Eclipsia, ma di certo non si sarebbe fatta sfuggire l'opportunità di studiare il multiverso presso la dimora di un immortale.
"La loro cerca vi interessa? Ho visto che avete guardato con interesse quel loro artefatto, l'Hatuli... si tratta davvero di qualcosa di prezioso, come avete descritto loro?" domandò nuovamente Kerter. La sua curiosità era rivolta tanto alle risposte, quanto al modo in cui Wodan le avrebbe risposto. In cuor suo sapeva che non sarebbe mai riuscita a comprendere il modo di ragionare divino, ma il solo trovarsi al cospetto di Wodan era un'esperienza inebriante per lei. La potenza era in quel momento alta più di dieci metri, la sua testa sfiorava il soffitto della stanza del Cosmolabio.
"L'artefatto... un Hatuli... si tratta di certo di un prezioso oggetto magico, ma mai tanto prezioso quanto ciò a cui conduce. E comunque, non sono queste le pagine della storia che quegli avventurieri scriveranno."
La voce di Wodan si fece nel pronunciare l'ultima frase, molto più cavernosa di quanto già non fosse. Per Kerter, questo significava che il tempo per le domande era trascorso. Silenziosamente, scivolò via dalla stanza attraverso la porta. Quel gruppo di avventurieri aveva di certo le potenzialità per compiere imprese che addirittura una potenza considerava degne di pensiero. A Kerter non erano parsi niente più che il solito gruppo male assortito di viandanti, capitato per caso ad Eclipsia e scomparsi nelle pieghe del multiverso subito dopo. Ma in molte delle filosofie del multiverso, rifletté la mezzelfa, il caso non esiste. Si aggiustò la giubba di pelle e tornò nell'atrio, ad accogliere i visitatori.