domenica 18 ottobre 2009

1. Eclipsia

La mano vibrante di energia di Wodan si fermò per un istante, e la potenza aggrottò le ciglia, scosso da un pensiero. Uno dei milioni di pensieri, giacché le divinità possono muoversi nel tempo a loro piacimento, e ogni loro ragionamento ripercorre mille volte l'arco di tempo che un mortale impiega a compierlo. Ma quel pensiero affiorava dal mare dei pensieri come la corteccia di un sughero in una fontana. Con uno sguardo infuse un'ultima goccia di energia al Cosmolabio, che riprese nuovamente a muoversi, cigolando e scricchiolando come di consueto. Ingranaggi e ruote dentate ruotarono spingendo globi di bronzo e aste graduate in alto e in basso, mentre lastre di metallo e cerchi lucenti attraversavano la stanza, incrociando di tanto in tanto una delle traiettorie.
"Credete che torneranno, mio Signore?" chiese una vocina flebile, immobile vicino alla porta. Wodan arricciò il naso. Il suo unico occhio non si distrasse dal macchinario, ma lo fece la sua mente, per un altro lunghissimo istante.
"Credo? ...di più, ne ho la certezza, mia piccola servitrice mortale... Ma temo comunque per le loro coscienze. Una divinità sopravvive per certo alle incertezze e ai dubbi, ma un mortale... la vita di un mortale è un lancio di dadi, una gara fra la sapienza e la decadenza. La consapevolezza della realtà che un mortale acquisirà alla fine della propria esistenza... è un mistero insondabile anche per una potenza. Un segreto chiuso nei vostri cuori."
La piccola mezzelfa si aggiustò le lenti, che poggiavano pesantemente sul naso minuto. Il suo nome era Kerter ed era una viandante planare. Veniva da un piano lontano, uno dei tanti, e aveva viaggiato per molto tempo prima di giungere a Eclipsia, la dimora di Wodan, una delle poche divinità restanti di un pantheon estinto da secoli, venerato da pochi, rappresentato ormai quasi completamente da potenze stanche dell'immortalità, sparse nel multiverso, in cerca di un senso per la loro esistenza. Eclipsia era un semipiano fluttuante del piano etereo, quasi una tappa obbligata per quei pochi viandanti planari che si avventuravano fin nei piani interni... nel caos elementale. Wodan aveva creato Eclipsia, e poi si era esiliato in questo luogo remoto, per studiare i piani interni, la loro energia primordiale, l'essenza che genera ogni cosa. Kerter non sapeva bene per quanto si sarebbe fermata a Eclipsia, ma di certo non si sarebbe fatta sfuggire l'opportunità di studiare il multiverso presso la dimora di un immortale.
"La loro cerca vi interessa? Ho visto che avete guardato con interesse quel loro artefatto, l'Hatuli... si tratta davvero di qualcosa di prezioso, come avete descritto loro?" domandò nuovamente Kerter. La sua curiosità era rivolta tanto alle risposte, quanto al modo in cui Wodan le avrebbe risposto. In cuor suo sapeva che non sarebbe mai riuscita a comprendere il modo di ragionare divino, ma il solo trovarsi al cospetto di Wodan era un'esperienza inebriante per lei. La potenza era in quel momento alta più di dieci metri, la sua testa sfiorava il soffitto della stanza del Cosmolabio.
"L'artefatto... un Hatuli... si tratta di certo di un prezioso oggetto magico, ma mai tanto prezioso quanto ciò a cui conduce. E comunque, non sono queste le pagine della storia che quegli avventurieri scriveranno."
La voce di Wodan si fece nel pronunciare l'ultima frase, molto più cavernosa di quanto già non fosse. Per Kerter, questo significava che il tempo per le domande era trascorso. Silenziosamente, scivolò via dalla stanza attraverso la porta. Quel gruppo di avventurieri aveva di certo le potenzialità per compiere imprese che addirittura una potenza considerava degne di pensiero. A Kerter non erano parsi niente più che il solito gruppo male assortito di viandanti, capitato per caso ad Eclipsia e scomparsi nelle pieghe del multiverso subito dopo. Ma in molte delle filosofie del multiverso, rifletté la mezzelfa, il caso non esiste. Si aggiustò la giubba di pelle e tornò nell'atrio, ad accogliere i visitatori.

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